Le suggestive foreste del lago Ampollino
Una gemma della Calabria, le quali acque celano un limbo, tra realtà e racconto.
Il lago Ampollino è situato nel profondo nord del profondo sud, in Calabria, tra le candide nevi ai piedi delle grandi foreste del Montenero. Le vicende che si sono sviluppate nel tempo intorno a esso sono avvolte dalla suggestiva atmosfera che caratterizza questa antichissima parte della Calabria.
Il lago è il più antico bacino artificiale della Sila. L’opera, nata per scopi idroelettrici, fu inaugurata il 27 luglio 1927 da Re Vittorio Emanuele III ed è così ben inserita nel contesto delle foreste di pino larico calabrese da ingannare anche il più attento dei visitatori.
Il luogo fu abitato fin dai tempi più remoti, tanto che nei pressi delle sue rive furono trovati, negli anni Cinquanta, i resti di un insediamento risalente all’età del bronzo. Questi reperti sono oggi conservati presso il Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria.
Dall’epoca romana ai misteri più recenti
La valle, con il fiume che ha poi dato origine all’odierno lago, continuò a essere popolata anche in epoca romana, fino all’età imperiale, come dimostrano altri importanti ritrovamenti del tempo.
Molto più tardi, esattamente nel 2005, il lago Ampollino è stato protagonista di una curiosa vicenda riguardante lo strano avvistamento di una creatura che abiterebbe le acque del lago.
In realtà presunti abitanti delle acque lacustri sarebbero stati scorti oltre un secolo fa, nel lontano 1868, secondo quanto riportato nel numero di giugno di «Emporio pittoresco», una rivista milanese, grazie all’articolo di un giovane Iginio Ugo Tarchetti, dal titolo Il lago delle tre lamprede.
In quel racconto, si parlava di un lago della Sila abitato da tre lamprede, nelle quali si erano trasformati i crudeli monaci che vivevano in un monastero poco distante.
Circoli di streghe ed erbe magiche
Le vicende che riguardano il lago sono narrate sotto forma di un racconto riportato da un forestiero che si trovò ad attraversare quelle zone. Il malcapitato non riusciva ad uscire dalla foresta, ritrovandosi a girare sempre in tondo, fino a quando una donna del posto giunse in suo aiuto spiegando perché non riusciva a trovare la strada di casa e narrando i misteri del luogo.
Il viaggiatore doveva aver calpestato l’erba maligna, una specie di ranuncolo giallo, che si pensava crescesse attorno a rialzi di terreno circolari, attorno quali si diceva si riunissero le streghe.
Il poveretto sarebbe rimasto per sempre allo sbando, se non fosse stato soccorso e guidato fuori dalla foresta da una persona che si fosse fatta tre volte il segno della croce – tre volte, come il numero delle lamprede del lago.
Il protagonista del racconto fu condotto dalla donna verso il luogo nel quale si trovava il lago e, con l’occasione, gli venne raccontata la sua storia: circa quattrocento anni prima, era stata edificata una chiesa all’interno della foresta della Sila, essendo il luogo estremamente pericoloso sia per le persone dei vicini villaggi sia per le greggi che vi pascolavano, che spesso venivano attaccati da cinghiali e altri animali selvatici.
La chiesa e il convento vennero eretti in un luogo nel quale si trovava una sorgente e grazie a questo luogo santo, la foresta diventò un’importante fonte di approvvigionamento per chi viveva ai suoi margini.
Siccità ed eventi miracolosi
I problemi sorsero quando tre romiti andarono ad abitare presso il convento; si trattava di uomini perversi e crudeli e la fama negativa delle loro azioni si sparse rapidamente.
Insieme a questa, anche una pesante siccità invase tutta la zona: una catastrofe che portò molte persone rapidamente alla morte, essendo tutte le riserve e i corsi d’acqua prosciugati, a parte la sorgente che si trovava all’interno del convento nella foresta.
Ben presto anche questa unica fonte di acqua cominciò a esaurirsi, e i perfidi romiti sigillarono le porte del convento per preservarla soltanto per loro, ignorando le richieste di aiuto dei moribondi che bussavano alle loro porte, in cerca di salvezza.
Una sera un pellegrino dall’aspetto venerabile, chiese a uno dei romiti una goccia di quell’acqua, dato che stava per morire, ma si vide rispondere con un secco rifiuto.
Il pellegrino altri non era che lo stesso Dio e la mattina dopo avvenne che tutte le sorgenti e i corsi d’acqua cominciarono a rigurgitarne così tanta acqua che venne organizzata una processione di ringraziamento per celebrare l’evento miracoloso.
La processione si diresse verso il convento nella foresta, ma chiesa e convento non esistevano più in quel luogo; al loro posto c’era l’odierno lago di Ampollino nel quale nuotavano tre lamprede, che altri non erano che i tre romiti, puniti in questo modo a causa della loro crudeltà.