Quei peduncoli che spuntano dal Sebino
La bizzarria dei cipressi rivieraschi
Introdotto in Italia a metà dell’Ottocento, il cosiddetto “cipresso calvo” ha ormai trovato dimora lungo le rive dei laghi e dei fiumi nostrani, soprattutto del nord Italia.
Percorrendo la statale che inanella il Lago d’Iseo, è possibile scorgere, radicati nella sottile e indefinita striscia di terra che costituisce la riva, degli alberelli dal fusto bruno-rossastro che, alla base, si svasa come una vera e propria zampa d’elefante. A ben guardare, inoltre, nel punto esatto in cui le acque del Sebino lambiscono la legnosa struttura, si notano dei bizzarri peduncoli che, come dei periscopi, svettano verticalmente dalle radici dell’albero stesso.
Questi alberi, in un certo senso ibridi, sono infatti esemplari di Taxodium distichum, detto volgarmente cipresso calvo o tassodio. Nelle loro terra d’origine – gli Stati Uniti sudorientali, dove proliferano nelle paludi, anche salmastre – vengono abbattuti per ricavarne le traversine per le vie ferroviarie; in Italia, al contrario, per la loro longevità (possono vivere fino a mille anni) furono introdotti per arredare i giardini, con l’unica differenza di presentarsi come piante isolate e non in foreste come nella terra natia. Quelli che sembrano dei peduncoli, in parte cavi, sono dei tubercoli radicali che permettono l’ossigenazione del cipresso anche nei periodi in cui la sua base venga sommersa dalle acque.
È dunque estremamente suggestivo vedere queste conifere decidue – l’aggettivo calvo deriva infatti dalla veste piuttosto spoglia che le caratterizza nel periodo invernale – creare scenari da Everglades in località come Sarnico, o a Paratico, dove peraltro vi è l’unico bosco in Italia. In autunno, poi, le chiome virano dal verde bottiglia al rosso fuoco, arricchendo di sfumature infuocate le rive del placido Sebino.
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