Il lago nato dalla miniera
Un laghetto scarlatto nel cuore dell'Isola d'Elba
Un paesaggio lunare, un lago scarlatto e una comunità di minatori. Un percorso da fare armati di macchina fotografica e di attrezzatura sportiva.
La memoria dell’Isola d’Elba è senza dubbio legata all’esilio di Napoleone Bonaparte e alle maestose ville dove il generale soggiornò, come pure alle magnifiche spiagge – basti pensare ai alla Costa che Brilla, a quella del Sole e ai Tre Laghi, con i suoi suggestivi golfi simili a bacini costieri. Ma la memoria economica e geologica si rifà invece ai giacimenti di ferro posti nella parte orientale dell’isola, il cui sfruttamento, cominciato con gli Etruschi e protrattosi fino agli anni Ottanta del Novecento, ha portato alla creazione di paesaggi dal fascino lunare, unici nel loro metallico scintillio.
Il Parco Minerario dell’Isola dell’Elba, a cielo aperto, è un luogo che merita di essere visitato in inverno, o magari durante l’autunno, quando i colori sono particolarmente intensi e il rosso della boscaglia si fonde con le cromie del terreno e delle acque interne. Proprio così: il ferro contenuto nel terreno, diluito in acqua piovana, ha tinto di rosso tutti quei piccoli bacini formatisi tra le dune dei vecchi cantieri. È il caso del Laghetto delle Conche, posto alla base del Monte Giove, circondato a est da una parete di quarzite e ovest da calcare dolomitico. Un luogo, questo, scelto per l’estrazione dell’ematite – la pietra sanguigna – un minerale dall’aspetto metallico e un cuore rosso cupo, la cui natura è ora visibile nelle sfumature livide delle acque del laghetto.
Volendo percorrere l’antico tracciato usato per il trasporto dei materiali estratti, in otto chilometri e mezzo si vedranno dispiegati secoli di storia isolana. Dalle tramogge del Cantiere Bacino fino a L’Antenna, balcone panoramico, lo sguardo non può che vagare tra il mare e la terra, tra la roccia e l’acqua, un’alternanza molto vicina ai quadri astratti di Mark Rothko. Si va dai riflessi gialli del’oro degli stolti – la pirite, simbolo dell’isola – ai colori cupi della sempre più rara ilvaite, responsabile dell’antico nome dell’isola, Ilva.
Le dune, inoltre, non servono solo per passeggiare, ma anche per allenarsi: sono infatti la meta preferita dai free rider, che qui vengono a fare evoluzioni, sfruttando l’aspetto brullo delle aree interne. La stessa conformazione aiutò anche gli antichi abitanti dell’isola, che qui si ritirarono – e stabilirono – per sfuggire alle temibili incursioni dei pirati.
La bellezza di questi luoghi è, ancora una volta, nella stratificazione, come pure della sparuta vegetazione che qui cresce, adattandosi a tali terreni. La biodiversità delle piante dell’Isola d’Elba è oggetto di studio fin dal 1997, quando è stato inaugurato L’Orto dei Semplici Elbano, a Rio Marina.