Questione di confini
Ripercorrere il fiume Castellano attraverso la storia: dalle origini al Lago di Talvacchia
Seguendo il percorso piuttosto lineare del Castellano, fiume dalle limpide acque, si giunge al Lago di Talvacchia, una sorta di fenditura tagliata, nel senso della lunghezza, dai confini amministrativi di due regioni.
Questo fiume, le cui cromie sono state cantate persino dal Sommo Poeta, nasce nei pressi di Rocca Santa Maria, posta nel comune di Teramo e parte della Comunità montana della Laga. Sebastiano Andreantonelli (1594 -1643) ci informa che il suo alveo era ricco di pietre levigate e altri sassi adatti all’edilizia, come pure di anguille, barbi e altri pesci. Il corso segue un andamento piuttosto vario, lungo il quale le acque – potabili fino agli anni Cinquanta – si inseriscono in gole rocciose, buie fenditure e anfratti suggestivi.
Giunto nel comune di Ascoli Piceno, il Castellano lambisce uno sperone roccioso di travertino – masso unico staccatosi in tempi remoti – sovrastato dal borgo di Castel Trosino, dove si arricchisce dell’acqua sulfurea proveniente da una sorgente che gli dona la caratteristica colorazione verde nominata anche da Dante Alighieri.
Il poeta nomina il fiume verde in occasione del suo incontro con Manfredi di Sicilia, nel III canto del Purgatorio, dando credito a una leggenda – confermata poi da dati storici – secondo cui il figlio illegittimo di Federico II di Svevia fosse stato riesumato su ordine di Papa Clemente IV e sepolto proprio lungo il greto del fiume Castellano perché, essendo stato scomunicato, non poteva riposare nei territori dei feudi ecclesiastici (per la prima sepoltura era stato scelto il fiume Calore, nei pressi del ponte beneventano di Vanvitelli). A Castel Trosino vi è poi una fabbrica medievale chiamata Casa di Manfrì, un modesto edificio che è stata tradizionalmente identificata come l’abitazione di Manfredi, o al massimo di una fanciulla di cui il principe era innamorato (per questo è anche conosciuta come La Casa della Regina).
Principi a parte, la sorgente di Castel Trosino, era nota fin dall’antichità per le sue proprietà alcaline e diuretiche: in epoca romana, erano state costruite delle condutture per portarla fino alla città di Ascoli e alimentare le Terme del Lago, mentre in epoca barocca sembra che fossero stati creati degli spazi attrezzati lungo le rive del fiume per ospitare che vi si recava a scopo terapeutico.
Seguendo la pista ciclopedonale che ne percorre la sponda sinistra, si scoprirà che il Castellano viene interrotto da una diga: ci troviamo così di fronte al Lago di Talvacchia, fenditura profonda anche settanta metri, dalle sponde erte che si trasformano in fondali a strapiombo. Il lago è una vera e propria oasi per i pescatori, mentre i bagnanti se ne tengono alla larga: non solo per le sponde rocciose piuttosto scomode, ma anche per la difficile accessibilità di queste zone. Ma, se riusciste a penetrare i boschi di castagni, faggi e larici, è solo nel periodo autunnale che avreste modo di ammirare un fenomeno unico. Le acque del lago, ritiratesi, avranno fatto emergere l’antico abitato che, prima della costruzione della diga (portata a compimento negli anni Sessanta) dominava questa stretta congiuntura montuosa. Resti di case, di ponti e di una vita che si è spostata altrove.
Il Castellano, alleggerito e regimato, prosegue poi verso Ascoli Piceno, nei pressi del quale si unisce al Tronto, ma non prima di aver alimentato i mulini della Cartiera Papale, oggi sede dei Musei omonimi.