Gli smeraldi dell’Aveto
Una riserva naturale che racchiude laghetti dai colori unici
Sui monti dell’Appennino Ligure, vi è un’area accessibile solo per scopi didattici o scientifici. Si tratta di una Riserva Naturale Orientata che fa parte di un Parco Nazionale: ciò fa capire quanto sia importante l’ecosistema che lì si è creato.
La Riserva Naturale delle Agoraie, posta in Val d’Aveto, è divisa in realtà in due zone recintate – Le Agoraie e Il Moggetto – che racchiudono alcuni laghetti dalle caratteristiche uniche. Come tutti i laghi di origine glaciale, essi hanno innanzitutto sfumature preziose, che vanno dal verde intenso all’azzurro; colori ravvivati dalle cosiddette rocce verdi, originatesi sul fondo di un antico bacino oceanico, che costituiscono le vette più alte del Parco.
Verde su verde: smeraldi incastonati in una foresta detta delle Lame, composta da faggi e abeti di origine antica, tanto da diventare monumentali – è il caso de Le Colonne d’Ercole e de Il Re della Foresta, due giganteschi esemplari di fagus sylvatica. Altro verde, che si coagula intorno a quelli che altro non sono che monumenti naturali, residui di un’epoca antica.
Il Laghetto degli Abeti è infatti così chiamato perché conserva, adagiati sul fondo, alcuni tronchi di abete bianco in perfetto stato di conservazione. Il fatto è che quei tronchi hanno ben 2610 anni, ma sembrano appena tagliati: merito della temperatura costante dell’acqua, che non supera mai i 5° C. Temperature tali, anche atmosferiche, permettono la nascita e la proliferazione di piante di palude diffuse a ben altre latitudini, come il trifoglio d’acqua, il papavero d’Islanda e diverse tipologie di carici (rostrata, fosca e vescicosa).
Non è dunque così strano che, negli anni Settanta, si fosse deciso di creare delle riserve che fossero integrali, proprio per impedire qualsiasi tipo di contaminazione da parte dell’uomo. Nemmeno le guardie forestali avrebbero avuto il permesso di entrare, ma laghetti del genere sono ovunque soggetti a un naturale interramento, accentuato dalla proliferazione delle piante palustri. Il rischio che si correva era quello di vederli sparire per sempre, trasformati in ameni prati. La Riserva allora venne resa orientata, in modo da continuare a preservarla, anche da sé stessa.