Nell’ambito dei racconti popolari della Sardegna, grande rilevanza ricoprono quelli sui tesori di origine magica, ampiamente diffusi in tutta l’area dell’isola. Questi tesori prendono nome diverso a seconda della zona: scraxoxu o scusorgiu in Campidano, siddadhu o posidu nella parte centrale e settentrionale, scrixoxu nel Sulcis.
La maggiore diffusione delle leggende legate a tali tesori si è avuta soprattutto nel Medioevo, ma ancora oggi non è raro sentirne raccontare. Molte delle leggende che narrano di tesori affondano le radici nella fede della popolazione dell’isola, e il luogo in cui vengono rinvenuti viene indicato direttamente da un Santo o una Santa al fortunato di turno, che utilizzerà il bene prezioso così portato alla luce per edificare in un dato luogo una chiesa. Così pare sia sorto il Santuario della Madonna del Latte Dolce a Sassari, o la chiesa di San Marco a Tresnuraghes: proprio grazie alle rivelazioni fatte dal santo ad una donna, in merito al modo in cui prendere possesso di una grossa pentola colma d’oro, sotterrata in profondità.
Come riportato da Gino Bottiglioni nel suo libro Leggende e tradizioni di Sardegna, alcuni ritengono che le origini di tali leggende siano da ricercare nelle scorribande e razzie che nell’isola si verificarono ripetutamente da parte delle varie popolazioni di conquistatori, come nel caso delle incursioni saracene. Infatti, al fine di proteggere i propri beni, oltre che la propria vita da tali scorribande, i popolani li affidavano alla terra, dove spesso rimanevano sepolti e dimenticati.
La terra sarda può essere considerata, senza ombra di dubbio, un immenso scrigno che ancor oggi può fare la gioia di qualsiasi archeologo. La legislazione odierna in materia di ritrovamenti di beni archeologici è molto chiara sulla procedura da seguire nel caso di queste scoperte, ma proviamo invece a immaginare cosa poteva accadere secoli fa se un contadino o un pastore rinveniva dei reperti, magari all’interno di un anfratto o in una domus de janas. Immaginiamo che tali reperti fossero anche preziosi.
Ciò bastava ad alimentare racconti e fantasticherie intorno ai monumenti megalitici che costellano ancor oggi la Sardegna, a tal punto che moltissimi di questi siti prendono il nome del tesoro che si credeva nascondessero. A Dualchi si racconta del pastore di nome Mauro Bussolo che pare avesse trovato una pentola piena di pezzi d’oro all’interno del nuraghe Ono, ma difusissime sono soprattutto le leggende dedicate alle Janas, che si narra essere le custodi di immense ricchezze che saltuariamente donano ad un comune mortale. Le Janas di Monte Oe per esempio, delle quali si racconta che di notte chiamino per tre volte colui che vogliono far arricchire, oppure la fata che dimora nei sotterranei della chiesa di Sant’Antioco, della quale la leggenda racconta che sia circondata da un fantastico tesoro, che solo un pastorello ebbe il coraggio di rifiutare.
La tradizione vuole che non ci si possa imbattere in un tesoro di origine magica per caso, ma solo tramite uno dei seguenti modi: un sogno, l’intervento di un sensitivo, la rivelazione da parte di un’entità sovrannaturale. In qualsiasi caso, entrarne in possesso non è assolutamente facile, perché vengono custoditi da entità di diversa natura e non sempre queste sono disposte a cederli senza ricevere in cambio un tornaconto.
Nel caso dei sogni, l’entità custode, che può essere anche un parente defunto, appare nel mondo onirico al destinatario del tesoro, e solitamente gli indica dove questo si trova. I sogni diventano ricorrenti, quasi incubi, sino alla presa di consapevolezza da parte del sognatore, che effettivamente riconosce che si sta verificando un fatto che esula dalla normale quotidianità. L’entità detta in sogno le regole da seguire per giungere alla scoperta del tesoro nascosto e, tra quelle principali, c’è l’imposizione di assoluta segretezza, pena il ritrovamento, al posto del tesoro, di cenere e carbone. La creatura soprannaturale può manifestarsi al prescelto anche nella realtà, al di fuori del sogno, e dettare le sue regole perché si venga in possesso del tesoro.
Se un sensitivo invece scopre, tramite le sue doti, il luogo in cui si trovano le ricchezze sepolte, la difficoltà per riuscire a entrarne in possesso potrebbe aumentare notevolmente. Questo perché il sensitivo potrebbe tentare di impossessarsi comunque del tesoro, nonostante sappia che non è destinato a lui; oltretutto, in questo caso, lo scontro con il guardiano sarebbe inevitabile.
Forzieri contenenti pietre preziose possono apparire magicamente a coloro che sono intenti a scavare. Il guardiano può mostrare ciò che può cambiare la vita del fortunato destinatario, ma ci sono dei riti da seguire, parole da sussurrare nel buio della notte, come accadde qualche decennio fa nel circondario di Cagliari:
«Ai piedi di un antico albero di limone due persone si fanno coraggio vicendevolmente e, seguendo le indicazioni di un vecchio frate già venerato come un santo vivente, iniziano a tracciare intorno a loro un cerchio. All’interno e all’esterno sistemano delle candele e tracciano dei simboli. La luna osserva, alta nel cielo, lo svolgersi di questo rituale che, nonostante utilizzi invocazioni legate al cristianesimo, affonda le radici in ben altri culti, molto più antichi. I fumi dell’incenso pervadono l’aria, resa vibrante dall’imminente manifestazione del Guardiano.»
l rituale deve essere compiuto in maniera precisa se si vuole entrare in possesso del tesoro e soprattutto si deve essere saldi di spirito per non fuggire a gambe levate al manifestarsi del custode, che può assumere diverse forme e addirittura prendere possesso del corpo di uno degli eventuali partecipanti.Se tutto non viene fatto nel migliore dei modi, si vedrà svanire la possibilità di condurre una vita da re, ovviamente. Ma le conseguenze possono anche essere terribili: il malcapitato potrebbe anche essere condannato ad una vita sciagurata, trascinando nella sventura persino i suoi affetti. Il tesoro verrà altresì tramutato in carbone, oppure verrà smaterializzato e spostato in qualche altro luogo.
Alessio Scalas e Andrea Gambula