Martino, santo cosmopolita
Le tradizioni popolari festeggiano e rievocano il militare generoso
Che sia una processione o un enorme falò, la tradizione popolare vive ancora con spirito festoso l’11 novembre, festa di San Martino, circitor originario della Pannonia divenuto vero e proprio collante di culture.
I festeggiamenti legati a San Martino, uno dei primi santi non proclamati della Chiesa Cattolica, hanno tutti a che fare con il fuoco, la luce e il calore. Non a caso quello che forse è l’episodio più rappresentato nell’arte religiosa è il taglio del bianco mantello, la clamide, che il militare Martino non esitò a compiere per vestire un mendicante in una notte fredda, buia e tempestosa.
Le Glorie di Scanno
E forse proprio il bisogno di calore – nonostante il famigerato tepore della cosiddetta Estate di San Martino – spinge gli abitanti di Scanno, in Abruzzo, a incendiare delle pire alte ben 15 metri, le Glorie. L’accensione costituisce un vero e proprio rito di passaggio, nel quale il giovane scelto ha il compito di scagliare una pertica verso gli inneschi e dare il via al rogo, che deve avvolgere fin da subito tutta la pira e risultare, quindi, spettacolare. Il rione che ha il fuoco più alto e poderoso, vince.
Quando i fuochi ormai languono, dei ragazzi scendono dalle alture che circondano Scanno e percorrono il paese agitando dei campanacci. Il baccano continua fino a tarda notte, alimentando autentici sentimenti di appartenenza rionale. Quello di Decontra può vantare addirittura una grotta di San Martino, luogo di misteriose apparizioni del santo; alle spose novelle di ogni rione, invece, viene in seguito donato il tizzone del tronco centrale, il Palancone, a scopo propiziatorio e – perché no – anche un po’ provocatorio.
Processioni e oche
Il fuoco torna, come nota costante, anche nelle lanterne che accompagnano le processioni altoatesine guidate da un cavaliere vestito da soldato romano. Il corteo procede intonando «Cammino con la mia lanterna e la mia lanterna con me. Là in alto splendono le stelle, qui sotto splendiamo noi», prima di assistere alla rievocazione della vestizione del mendicante.
In Alto Adige, come nel resto del nord Italia, la Festa di San Martino era legata al pagamento dei conti e degli interessi: terminava infatti l’anno agricolo e, contestualmente, i rapporti di lavoro, tanto che molte persone finivano per spostarsi verso altri impieghi stagionali: fare San Martino significava proprio traslocare.
La processione, insieme all’usanza di consumare oca, è ciò che accomuna l’Alto Adige alle Fiandre e alle aree cattoliche dell’Austria e della Germania, così come ad alcune regioni scandinave. Nell’agiografia del santo compaiono infatti anche delle oche traditrici, che con il loro starnazzare avrebbero rivelato il nascondiglio di Martino al popolo, deciso a consacrarlo vescovo contro la sua volontà. Una sorta di punizione, quindi, quella toccata ai succulenti pennuti che, ancora oggi, allietano i pasti dell’11 novembre.