Al principio fu il meteorite
Il lago del Sirente, in Abruzzo, nasce da un cratere di matrice extraterrestre
Di fronte a questo placido laghetto circondato da pascoli, si viene colti da una strana sensazione nel pensare come questo posto, non troppi secoli orsono, possa essere stato un inferno di fuoco.
L’Italia intera, come ben sappiamo, è interessata da fenomeni legati al vulcanismo – terremoti, termalismo e crepacci dall’aspetto sinistro che continuano ad aprirsi – come pure da zone caratterizzate da carsismo, con fiumi sotterranei, grotte e relative conseguenze dovute al terreno friabile. Tutto ciò, assieme ai laghi di origine glaciale, ci porta indietro di millenni: seppure in molti casi violenti e mietitori di vite, episodi di tal genere da cui sono nati i bacini italiani ci appaiono davvero molto distanti nel tempo, cosa che naturalmente ci permette di osservali in maniera più distaccata.
Non si può dire la stessa cosa per il Lago del Sirente, o di Secinaro che dir si voglia, nell’ultimo secolo al centro di numerose teorie tese a spiegarne la misteriosa origine. Gli studiosi dibattono sulla fondatezza di due ipotesi che non potrebbero essere più in contrasto: la prima punta tutto sull’impatto antropico, la seconda sull’incredibile impatto di un meteorite.
La mano dell’uomo
Scartate le teorie su una formazione di matrice vulcanica e carsica – come pure quella che considera i crateri le tracce dei bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale – il pensiero corse agli spostamenti degli armenti che, da secoli, interessano tali zone. La Piana del Sirente, oggi come un tempo, nel periodo estivo si popola di migliaia di pecore che, naturalmente, hanno bisogno di abbeverarsi. I pastori, che le conducevano attraverso il tratturo Celano-Foggia, secondo tale teoria avrebbero scavato un bacino per far sì che le greggi potessero sostare in quelle lande per tutta l’estate.
Il meteorite
Teoria senza dubbio più affascinante e che apre un nuovo capitolo della storia geologica italiana, è quella secondo la quale il lago del Sirente occupi un cratere formatosi dall’impatto di un meteorite, caduto in un turbine di fuoco attorno al IV-V secolo d.C.
Ad avvalorare tale ipotesi c’è, prima di tutto, la forma del lago: tondeggiante, con un diametro di 10 metri, dai bordi piuttosto rialzati. A notare tali particolarità fu il geologo svedese Jens Ormo, le cui ipotesi furono rafforzate sia dai rilevamenti al radiocarbonio – che ha piazzato l’epoca della formazione al 412 d.C. con un’approssimazione di circa quarant’anni – sia dalla morfologia di questo altopiano, costellato da numerosi crateri più piccoli, identificabili come le tracce lasciate dal meteorite – vaporizzatosi nell’impatto, generando però numerosi frammenti sparsi nel raggio di un km2. Questi crateri secondari, non colmi d’acqua come quello che ospita il lago, dal momento che presentavano anomalie magnetiche, sono stati analizzati, risultando però privi di una qualsiasi traccia di materiale meteoritico. La spiegazione potrebbe risiedere nella profondità di tali frammenti, probabilmente situati 12 metri al di sotto del livello del suolo. Non sembra così strano, se pensiamo che la velocità di caduta di questi massi extraterrestri è di circa 20 km/secondo.
Inoltre, se l’impatto avviene su una superficie di argilla bagnata, lo shock causa una compattazione e una riduzione di volume del suolo colpito: ciò è osservabile con chiarezza nel lago del Sirente, sulle cui sezioni è presente una sorta di depressione. Le rive del lago, poi, sono formate da materiale smosso e rigirato, cosa che avviene proprio in caso di impatti violenti.
Per risolvere l’arcano bisognerebbe analizzare il terreno sotto al livello zero, cioè la cosiddetta superficie di bersaglio posta sotto la corona del cratere principale. Era quello che stava per fare nel 2010 il National Geographic, rimasto affascinato dalla storia di questo piccolo lago posto nel Parco Naturale Regionale del Sirente-Velino. Siccome c’era il reale pericolo che, carotando il fondo, il lago si sarebbe svuotato, la Regione Abruzzo pose un veto, e le indagini si fermarono.
La conversione di Costantino il Grande
Secondo alcune ricostruzioni storiche in linea con l’ipotesi dell’impatto, il meteorite che nel IV-V secolo cadde sull’allora Municipium Superaequum venne osservato nientemeno che dall’imperatore Costantino I, detto Il Grande. Sembra che, secondo l’abitudine cristiana a vedere la mano di Dio nei segni del cielo, l’imperatore avesse interpretato la pioggia luminosa di massi come un buon auspicio per la battaglia che si andava prospettando: quella passata alla storia come la Battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio, fattosi nominare in maniera coatta princeps dell’Italia e dell’Africa. La versione più romanzata, tramandata in maniera pure piuttosto scettica persino dal biografo ufficiale di Costantino Eusebio di Cesarea, vede nel meteorite la ragione stessa della conversione del fondatore di Costantinopoli.
Quale che sia la verità, è appurato che in quella zona fosse completamente e improvvisamente scomparso il culto pagano della Sicinnide, i cui adepti si narra che fossero spariti in una palla di fuoco. In effetti, nel sito archeologico di Campo Valentino, a Molina Aterno, sono stati ritrovati resti di pasti cotti e mai consumati; allo stesso modo, è stato registrato un aumento delle sepolture nelle catacombe di Castelvecchio.
Prima che venisse avanzata l’ipotesi dell’impatto, l’unica spiegazione possibile era collegata all’abbandono dell’area a causa di un grande terremoto che aveva devastato diversi centri della Regio IV Augustea. Tuttavia le recenti indagini geologiche hanno escluso l’attivazione della faglia sismica in età imperiale.
Non resta che aspettare l’invenzione di una nuova strumentazione che possa chiarire l’origine del lago del Sirente senza danneggiarlo; in caso contrario, la sua storia è destinata a rimanere avvolta dal mistero. Ma non è forse questo che la rende così preziosa?
Fonti: http://spaceguard.rm.iasf.cnr.it/tumblingstone/issues/num18/it/sirente.htm